La Sacra Cintola

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I miracoli della Sacra Cintola

La Nazione 8-9-1994
di Guido Guidi Guerrera

Michele Dagomari, avutala in dote dalla moglie, la portò da Gerusalemme.

Il corteggio storico,la festa popolare che intreccia emozioni tra il sacro e il profano. Momenti di intensa commozione religiosa culminati nell'ostensione tradizionale del Sacro Cingolo, la preziosa reliquia attribuita dai fedeli alla Madonna.Con questo spirito Prato celebra la «sua»festa da sempre,perpetuando un culto secolare che fa vibrare il cuore della città di antiche memorie,un pò fiabesche, un pò reali.Sempre comunque dense di significati arcani e così intimi da essere quasi incomunicabili. A far da sfondo alle solennità di un giorno tutto speciale,l'azzurro del cielo settembrino nel quale,sospese, nuotano bianche nuvole, degne del migliore Renoir.L'aria è profumata di resine, di umidità, di pane buono,di croccanti, di castagne. Fraganze antiche, che sposate all'incenzo della liturgia sembrano possedere la segreta prerogativa di regalare l'allegria quieta della serenità.
Poi tutti,naso all'insù, allorchè lo squillo sapientemente modulato di antiche chiarine annuncia che il momento è cruciale è imminente: la santa cintura sta per essere offerta agli occhi e alla venerazione dei devoti. Questa cerimonia antichissima si ripete da cinque secoli, con la costruzione del pulpito da parte di Donatello,voluto espressamente dalle autorità ecclesiastiche dell'epoca, per mostrare nel modo più conveniente e solenne la reliquia arrivata a Prato dalla Terra Santa, grazie alle avventure di un tal Michele Dagomari.
Che fosse mercante di pellicce,semplice avventuriero o soldato, non è dato saperlo con sicurezza. Fatto sta che Michele, pratese verace, conobbe nella Gerusalemme del dodicesimo secolo la bella Miriam, di cui si invaghì subito, chiedendola detto fatto in sposa. I genitori vollero, secondo le usanze, gratificare lo straniero di una dote e così gli fecero dono della cintura appartenuta a Maria di Nazareth, madre del divino figlio.Uomo dallo spirito avventuroso, Michele abbandonò ben presto la sua sposa, sognando di tornare nella sua amatissima patria, roso da un indicibile nostalgia.Ma non dimenticò di portare con sè il prezioso regalo.
Dure furono le notti del povero Michele, una volta tornato a Prato a causa della pessima idea di sorvegliare meglio la reliquia sistemandola dentro la panca sulla quale dormiva. Mani invisibili lo sbattevano per terra costringendolo a trascorrere a quel modo l'intera nottata. Ciò lo convinse del potere prodigioso della cintura e siccome sentiva che vicina era la sua fine,la offerse al preposto Alcampo della pieve di Santo Stefano. Costui, scettico sulle prime, dovette convincersi dell'autentícítà dell'indumento sacro a causa dei manifestarsi dì improvvisi «fuochi che non bruciavano».Da quel momento la Chiesa fu persuasa della verità che fece conoscere a tutti i fedeli.
Della cintura appartenuta alla Vergine abbiamo già notizie dall'erudito bizantino Niceforo,il quale racconta come,quando gli angeli portarono in cielo Maria,ella lasciasse cadere sulla terra la fascia che stringeva la sua veste. Questa giunse a Costantinopolì,quindi in Grecia, dove tuttora il 31 agosto si celebra una festa a ricordo. Altre cinture tutte rigorosamente «autentiche», sono parimenti venerate nella chiesa di Notre-Dame di Montserrat e di Notre-Dame a Parigi, ma anche nella vicinissima Assisi. Si dice però che quella di Prato sia speciale e particolarmente miracolosa, specialmente nel garantire parti felici, accordare grazie e liberare dai pericoli. Inoltre — ne seppe bene qualcosa il furfante Mosciattino condannato a morte per il suo gesto sacrilego — è impossibile rubarla perché torna sempre al reliquiario che ancora oggi suscita, nel credente come nel turista più distratto,più di un'emozione.

(Guido Guidi Guerrera)

La Nazione 8-9-1994


  


 

Il ritorno di Michele a Prato. (Agnolo Gaddi)
Tratto da:La Cappella del Sacro Cingolo nel Duomo di Prato, di Giuseppe Marchini,
Edizioni del Palazzo. 


Ricerche: Biblioteca comunale di Prato "Istituto culturale e di documentazione Lazzerini"


La mostra al museo di Palazzo Pretorio

Legati da una Cintola
Dal 8 settembre 2017 al 14 gennaio 2018

Un simbolo religioso e civile, fulcro delle vicende artistiche di Prato ed elemento cardine della sua identità: la Sacra Cintola, la cintura della Vergine custodita nel Duomo che per secoli è stata il tesoro più prezioso di Prato, sarà al centro del nuovo allestimento del Museo di Palazzo Pretorio. La mostra, Legati da una cintola -L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città, sarà aperta al pubblico da venerdì 8 settembre negli spazi espositivi recuperati nell’attiguo edificio del Monte dei pegni.

Un tema, quello della reliquia pratese, che consente di accendere un fascio di luce intenso su un’età di grande prosperità per Prato, il Trecento, a partire dalle committenze ad artisti di primo ordine come lo scultore Giovanni Pisano e il pittore Bernardo Daddi, che diedero risonanza alla devozione mariana a Prato come vero e proprio culto civico. La mostra prende spunto da quel prezioso simbolo dall’innegabile valore identitario per intrecciare i fili di un racconto che parla della città e del suo ricco patrimonio di cultura e bellezza custodito sul territorio e riconoscibile al di fuori dei confini locali.

Leggenda, arte e tradizione - L’origine del culto della sacra cintola affonda le sue radici nel XII secolo, la leggenda vuole che la cintura, consegnata a San Tommaso dalla Madonna al momento dell’Assunzione, sia stata portata a Prato verso il 1141 dal mercante pratese Michele e da questi donata in punto di morte, nel 1172, al proposto della pieve. Fra Due e Trecento la reliquia assurse al ruolo di vero e proprio segno dell’elezione della città, santificata da una così preziosa vestigia miracolosamente giunta dalla Terra Santa, e divenne motore delle vicende artistiche pratesi.   

La tavola di Bernardo Daddi - Una delle immagini più prestigiose di tutto il Trecento dedicate all’Assunta e al dono miracoloso della Cintola all’incredulo San Tommaso è la pala di Bernardo Daddi commissionata nel 1337-1338. L’opera nel tempo è stata smembrata e la sua complicata diaspora ha fatto sì che si perdesse la coscienza stessa della sua capitale importanza.  L’allestimento del Pretorio consentirà di tornare ad ammirare nel suo complesso la monumentale macchina dipinta dal Daddi, riunendo i suoi componenti che originariamente comprendevano una doppia predella con la storia del viaggio della cintola e del suo approdo a Prato (questa custodita nel Museo) e la parallela migrazione del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma, perché si riunisse a quello di San Lorenzo (custodita nei Musei Vaticani), e una terminazione con la Madonna assunta che cede la Cintola a San Tommaso (conservata al Metropolitan Museum di New York).

Intorno a questa ricostruzione verrà illustrata la varia fortuna in Toscana dell’iconografia che univa la morte della Vergine e la sua assunzione in cielo. Alcune cintole due-trecentesche documenteranno la bellezza di questo genere di manufatti, puntualmente riprodotto nell’elegantissima Santa Caterina dipinta da Giovanni da Milano nel polittico per lo Spedale della Misericordia, uno dei capolavori del Museo di palazzo Pretorio. A lato delle due predelle del Daddi altre opere esalteranno la felice vena narrativa di questo pittore della scuola giottesca. Una ricca serie di dipinti, sculture e miniature illustrerà le diverse elaborazioni del tema dell’Assunta che dona la cintola, iniziando dal prestito del rilievo eponimo del Maestro di Cabestany, scultore romanico attivo nel Roussillon e in Toscana, prima attestazione del tema della Cintola.

Anche il Duomo di Prato sarà parte integrante di un percorso che permetterà ai visitatori di entrare nella cappella della Cintola, abitualmente preclusa alla visita, e ammirare il ciclo di affreschi realizzati da Agnolo Gaddi.

Oltre che nelle ostensioni solenni la Cintola fu spesso mostrata a papi, principi o personaggi della corte e, per il riconosciuto potere taumaturgico, veniva esposta nel corso di epidemie e altre calamità per invocare l'aiuto della Madonna. Una serie di testimonianze scritte e visive che accompagnarono il culto della Cintola stessa, le suppellettili connesse alla sua custodia e ostensione aiuteranno a comprendere la spettacolarizzazione di una reliquia cui si affidava l’identità più profonda e la fierezza di un’intera città.

Museo di Palazzo Pretorio

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